Tra mito e storia: i confini della genitorialità (di Eva Cantarella – Giurisprudenza, 1960)

Il problema, oggi, è al centro di infiniti dibattiti e di inevitabili controversie: come, fino a che punto si possono estendere i confini della genitorialità, sia maschile sia femminile

Per chi, da storico dell’antichità , ripercorre le più antiche vicende d’amore e di sesso, E’ quasi invitabile ripensare ai Greci e ai frutti in questo settore della loro incredibile e inesauribile fantasia. E quasi automaticamente, data la sua notoria propensione alle avventure di quel tipo, il pensiero corre a Zeus e al modo in cui risolse alcuni problemi in questo delicato settore dell’esistenza.

Ed eccoci così alla sua prima avventura in materia: ammesso che le vicende divine possano essere ordinate cronologicamente, uno dei primi amori (certamente comunque anteriore al suo matrimonio con Era) fu quello con Metis. Un nome che richiede qualche spiegazione: la metis, per i greci, era l’intelligenza delle donne: non solo diversa ma inferiore al logos, l’intelligenza alta, astratta, patrimonio esclusivo dei maschi. Come Aristotele si affretta a spiegarci le donne quella intelligenza non la possedevano. La loro – la metis, appunto – non era un’intelligenza speculativa: era concreta, era il frutto dell’esperienza che consentiva di raggiungere obiettivi meno alti ma utili, spesso per vie traverse e oblique. Come faceva Metis, appunto, il primo amore di Zeus, che forse un giorno (la cosa è controversa) arrivò a sposarla.

Senonché la storia d’amore finì male. Un giorno Zeus venne a sapere che Metis gli avrebbe dato un figlio che lo avrebbe spodestato. E poiché in quel momento la donna era incinta, per evitare l’inconveniente pensò bene di ingurgitarla, con la duplice conseguenza di eliminare il problema dinastico e di acquistare, accanto alla sua superiore intelligenza maschile, anche quella meno nobile ma molto utile tipica delle donne: se posseduta oltre al logos la metis contribuiva a dare a un eroe la certezza di riuscire in ogni e qualunque impresa: per convincersene basta pensare all’uso che ne fece Ulisse, per salvarsi dal Ciclope, o alla sua invenzione del celeberrimo cavallo di Troia.

Ma la storia non finisce qui. Dopo aver inghiottito Metis Zeus aveva portato avanti la gravidanza iniziata nel corpo della moglie fino al momento in cui al termine della gestazione aveva accusato un terribile mal di testa. Il momento del parto era giunto e quando Efesto, su sua richiesta, aveva assestato un colpo di accetta alla zona dolorante, dalla testa di Zeus era nata la dea Atena. Ingurgitando la moglie, era diventato al tempo stesso padre e madre generatrice. Cosa, peraltro, per lui non era una novità. Una volta infatti, in un momento di debolezza, aveva accolto la richiesta fattagli da Semele, un’altra delle sue tante amanti, di apparirle almeno una volta in tutto il suo potere e splendore. Senonché quando questo era accaduto Semele, che al momento era incinta, era stata letteralmente folgorata dalla visione dei tuoni e dei fulmini che lo circondavano. E Zeus aveva posto rimedio all’incidente estraendo il feto dal grembo di Semele e cucendoselo in una coscia, dalla quale a suo tempo era nato Dioniso.

Se non vogliamo pensare a una forte invidia dell’utero (per non addentrarci in territori non nostri), non possiamo, tuttavia, non riflettere sul problema, oggi particolarmente sentito e discusso, dei confini della genitorialità  e del desiderio e la liceità  del superamento dei suoi confini naturali. Desiderio che, sia detto per completezza, non era solo maschile: nel mito greco infatti non mancano vicende che alludono a ipotesi di una genitorialità  tutta e solamente femminile. Evidentemente, sia nell’uno che nell’altro caso, il desiderio di una possibilità  genitoriale scissa dalla necessità  biologica dell’accoppiamento è cosa tutt’altro che recente.

Eva Cantarella*

*Laureata in Giurisprudenza alla Statale, nel 1960, la Prof.ssa Eva Cantarella è una rinomata studiosa del diritto e degli aspetti sociali dell’antichità. Dal 1990 al 2010 è stata ordinario di istituzioni di diritto romano e di diritto greco presso la Facoltà di Giurisprudenza della stessa Università nella quale si è laureata. Ha svolto incarichi di insegnamento in numerose altre università italiane e all’estero. E’ socio fondatore e componente del collegio dei probiviri di Amista.